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Antonio Misiani

L'Italia ha corretto i conti pubblici per 120 miliardi tra il 2008 e il 2013. Ma le manovre hanno appesantito la recessione, con il risultato di annullare i risultati nominali del risanamento e far crescere il rapporto tra debito pubblico e Pil.

Sulla correzione dei conti pubblici italiani ha pesato in misura decisiva l’”effetto denominatore, cioè il crollo senza precedenti del PIL in termini reali (e la stagnazione in termini nominali) registrato tra il 2007 e il 2013. Ma dato che la mancata crescita è in buona parte legata anche agli effetti recessivi di quelle manovre di finanza pubblica, viene da chiedersi se il gioco sia valsa la candela.

Un Paese povero e più diseguale, ecco il lascito della lunga crisi che ha investito l'Italia.

L'indagine della Banca d'Italia sui bilanci delle famiglie, il rapporto sulla disuguaglianza dell'Ocse, il rapporto Istat sulla povertà: tutto indica un allargamento della forbice tra ricchi e poveri, che frena a sua volta la crescita.

Radiografia dei conti pubblici: troppa pressione fiscale e poche risorse per il capitale umano e gli investimenti.

La pressione fiscale è arrivata a livelli altissimi e soffre la congiuntura non positiva dell’economia. Su questo fronte la questione è una riorganizzazione e tendenzialmente una riduzione del prelievo, non certo un suo ulteriore inasprimento. Per quanto concerne la spesa, il tipo di risanamento messo in atto dal 2008 in avanti ha compromesso parte delle potenzialità di sviluppo, tagliando le risorse per il capitale fisico (gli investimenti) e umano (le spese per scuola, università, ricerca). La necessità di una seria revisione della spesa sta innanzitutto qui: ridurre veramente (e non solo a parole) le inefficienze e riallocare le risorse verso i settori decisivi per tornare a crescere.

Ammortizzatori sociali: quanto si spende, quanti ne beneficiano

Il dibattito sul tema del lavoro tralascia troppo spesso di valutare le risorse che servono per sostenere un sistema civile di ammortizzatori sociali. Ecco dunque una disanima puntuale dei costi, voce per voce, anche nel confronto con gli altri paesi europei.

Amministrazioni locali, luci e ombre di un anno di governo Renzi

Su 16,6 miliardi di tagli di spesa, nella legge di stabilità ben 8,1 (il 49% del totale) sono a carico di comuni, province e regioni, senza contare il taglio di 1 miliardo delle risorse per il piano azione coesione. Senza dubbio positivo è invece l’intervento di riduzione degli obiettivi del patto interno di stabilità, che vale 2,9 miliardi di euro di spazi di spesa in più per comuni, province e città metropolitane a partire dal 2015. Se si considera anche la conferma del patto verticale incentivato (che vale 1 miliardo), l’abbattimento degli obiettivi arriva a circa l’85 per cento in media.

Con il prestito vitalizio un'alternativa efficace alla nuda proprietà

In Italia il PIV è stato introdotto nel 2005 con un decreto legge ma finora non è mai decollato.Ora potrà partire, grazie alla legge approvata definitivamente il 19 marzo, un’iniziativa parlamentare che ha raccolto le proposte concordate dall’Abi e dalle associazioni dei consumatori.

Enti locali: un percorso per ritrovare la stabilità perduta

I comuni da una parte, le province e le città metropolitane dall’altra, sono diventati finanziatori netti dello Stato. Nel 2015 i primi daranno allo Stato 600 milioni in più di quanti ne riceveranno. Per gli enti di area vasta il saldo negativo è ancor più grande: 1 miliardo e 600 milioni. Vanno affrontati i problemi se si vogliono realizzare le riforme messe in campo, da quella costituzionale alla istituzione delle città metropolitane.

Numero per numero, storia, significato e dimensione della tragedia greca. Una lezione da non dimenticare

Da quando nell’ottobre 2009 il premier socialista Papandreou annunciò un deficit più che doppio rispetto alle previsioni del precedente governo conservatore, la Grecia ha ricevuto un massiccio supporto finanziario da Eurozona e FMI (226,7 miliardi di prestiti erogati, a cui van aggiunto l’haircut del 53,5% applicato a 197 miliardi di euro di titoli detenuti da privati), condizionato all’attuazione di due severi programmi di aggiustamento dei conti pubblici (il primo nel maggio 2010 e il secondo nel marzo 2012). La “cura da cavallo” imposta alla Grecia dalla Troika UE-BCE-FMI – ben più dura di quelle somministrate agli altri PIIGS – si è rivelata sotto molti profili fallimentare.