
La (arroventata) discussione sul disegno di legge delega sul lavoro ha riaperto il dibattito non solo sull’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ma anche sul rafforzamento del sistema di ammortizzatori sociali.
La banca dati “Labour Market Policy” (LMP) della Commissione UE mette a disposizione informazioni e statistiche utili per confrontare la situazione italiana con quella degli altri Paesi europei. La pubblicazione “Spesa per le politiche occupazionali e del lavoro” a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali permette di analizzare nel dettaglio le misure di politiche attive e passive e i loro costi.

Nel 2012 l’Italia ha speso complessivamente 30,7 miliardi di euro (1,96% del PIL) per gli interventi di politica occupazionale e del lavoro, di cui 5,4 miliardi (0,35% del PIL) per le politiche attive – formazione professionale, contratti a causa mista, incentivi alle assunzioni e alle stabilizzazioni, incentivi all’autoimpiego, ecc. – e 25,3 miliardi (1,61% del PIL) per le politiche passive: trattamenti di disoccupazione (tra cui la cassa integrazione guadagni) e pensionamenti anticipati.
Fino al 2007 l’Italia spendeva in rapporto al PIL oltre un terzo in meno della Germania, la metà di Francia e Spagna e meno della metà della Danimarca. La crisi ha cambiato radicalmente la situazione, raddoppiando la spesa nel nostro Paese e portandola ad un livello analogo alla media europea e superiore alla Germania.
Nel nostro Paese il forte aumento delle risorse destinate alle politiche occupazionali negli anni della crisi è interamente dovuto all’espansione delle politiche passive, mentre in rapporto al PIL il peso delle politiche attive è leggermente diminuito.
Una peculiarità italiana è il peso della cassa integrazione guadagni (un istituto non presente negli altri Paesi europei, con l’eccezione della Germania) sul totale delle risorse destinate alle politiche passive. Nel 2012 CIGO e CIGS hanno assorbito complessivamente 6,1 miliardi (il 24,3% delle risorse destinate alle politiche passive). Nel 2007, prima della crisi, le risorse destinate alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria erano pari a 1,3 miliardi (il 12,5% del totale). Viceversa, le diverse forme di indennità di disoccupazione sono costate nel 2012 circa 17,6 miliardi (contro i 7,9 miliardi del 2007).
La relativa debolezza delle misure di politica occupazionale in Italia emerge invece con chiarezza se si passa ad analizzare la quota dei partecipanti alle politiche attive e passive in rapporto alle persone che vogliono lavorare (disoccupati + occupati che rischiano di perdere il lavoro + inattivi che vorrebbero lavorare). Il tasso di copertura delle politiche attive è pari al 17,3% in Italia, contro il 37,8% in Francia, 31,2% in Germania, 41,5% in Spagna e 44% in Danimarca. Solo il Regno Unito fa peggio di noi con l’1,5%. La media UE-15 è pari al 30,4%.
Per quanto riguarda le politiche passive, il tasso di copertura in Italia è pari al 24,7%, contro il 71,4% della Francia, il 63% della Germania, il 30,7% del Regno Unito, il 43% della Spagna e il 45,8% della Danimarca. La media UE-15 è pari al 51,1%.

Anche l’analisi della spesa in PPS (euro a parità di potere d’acquisto) per persona che intende lavorare conferma la fragilità della rete di protezione sociale italiana. Nel nostro Paese nel 2012 sono state spese 4.472 PPS pro-capite, contro i 10.951 della Francia, i 9.506 della Germania, i 6.247 della Spagna e i 16.613 della Danimarca. La media europea (UE-15) è stata pari a 6.932 PPS (dati 2011).
Il divario più significativo riguarda le politiche attive, per le quali l’Italia spende 782 PPS pro-capite a fronte delle 1.708 PPS della media europea. La spesa per le politiche passive è invece pari a 3.633 PPS in Italia contro le 4.448 PPS della media UE-15.

Portare la spesa per politiche occupazionali allo stesso livello medio europeo comporterebbe un incremento del 55% (+118% per quanto riguarda le sole politiche attive). In pratica, circa 15 miliardi di euro in più rispetto al livello attuale.
E’ un esercizio puramente teorico, ma rende l’idea dell’ordine di grandezza delle risorse necessarie per dotare l’Italia di una rete di ammortizzatori sociali di tipo europeo.
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