
La pubblicazione dei (deludenti) dati dell’andamento del PIL nel secondo trimestre 2014 ha rinfocolato il dibattito sulla pessima performance economica del nostro Paese.
In realtà al di là delle polemiche “congiunturali”, l’amara verità confermata dai dati ISTAT è che la crisi italiana ha carattere strutturale e di lungo periodo.
L’Italia cresceva meno delle altre economie europee prima della crisi, ha subìto negli anni della Grande recessione un crollo del PIL assai più ampio degli altri Paesi e non riesce ad agganciare la pur fragile ripresa in corso nell’eurozona.
Uno sguardo retrospettivo alla dinamica del PIL conferma le difficoltà strutturali dell’economia italiana.
Utilizzando i numeri del database AMECO della Commissione UE, opportunamente integrati con il Total economy database pubblicato da The Conference Board (che aggiorna i dati OCSE di Angus Maddison), per ricostruire una serie storica sufficientemente lunga, si scopre – si fa per dire – che la dinamica del PIL italiano dal 1989 è stata sistematicamente peggiore di quella degli altri 17 Paesi della Zona Euro, nonché della Zona Euro nel suo complesso. Unica eccezione, il 1995, quando l’Italia registrò una crescita maggiore di 0,6 punti rispetto agli altri Paesi dell’Eurozona.
Se dal 1989 in avanti il PIL italiano fosse cresciuto allo stesso ritmo degli altri Paesi della Zona Euro, nel 2013 sarebbe stato il 26,5% più elevato del livello effettivamente raggiunto (a prezzi 2005: 1.727 anziché 1.365 miliardi, con una differenza di 362 miliardi).
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