

La spending review è unanimemente considerata un fattore chiave per la prossima manovra di finanza pubblica. Il presidente del consiglio, intervistato dal direttore de Il Sole 24 Ore, ha affermato che “i tagli saranno non per 17 ma per 20 miliardi per investire in istruzione e ricerca senza aumentare tasse” e “il governo valuterà tagli non lineari del 3% per ciascun ministero”. ''Tagli per 20 miliardi?” - si è domandato il commissario alla spending review Cottarelli al meeting di Cernobbio – “Io credo sia possibile farli visto che si parte da una base di spesa primaria di 700 miliardi”.
In realtà, la base di partenza della revisione della spesa pubblica è assai più ristretta, tenendo conto di quanto è già stato fatto dal 2008 in avanti (i tagli lineari di Tremonti e le manovre di contenimento della spesa dei governi Monti e Letta), dei vincoli tecnici e degli orientamenti politici.
Nel 2013 la spesa pubblica complessiva è stata pari a 798,9 miliardi. Per quantificare la base di riferimento per la revisione della spesa può essere utile seguire una metodologia simile a quella utilizzata dall’allora commissario alla spending review Giarda nel suo Rapporto del maggio 2012. Dal totale vanno innanzitutto decurtate alcune voci di spesa estranee al processo di revisione della spesa:
Al netto di queste voci il totale della spesa teoricamente oggetto di revisione (SUB-TOTALE A) scende a 654,8 miliardi.
All’interno di questo perimetro incidono le scelte politiche del governo:
Se tutte queste categorie di spesa fossero escluse dal processo di spending review, il perimetro della spesa pubblica assoggettabile alla revisione si ridurrebbe a 144,1 miliardi, un aggregato costituito quasi per intero da consumi intermedi. Circa metà di queste risorse sono destinate alla sanità, un comparto socialmente e politicamente molto “sensibile” la cui spesa dal 2011 si è costantemente ridotta.
La spending review è sicuramente necessaria. Bisogna evitare però di cedere a letture ideologiche della spesa pubblica. Un processo di contenimento della spesa primaria è già in atto: in valore assoluto è diminuita per tre anni di seguito (2010-2012) e il tendenziale del DEF prevede una discesa, in rapporto al PIL, dal 46% del 2013 al 42,8% del 2018. Questo percorso va consolidato e rafforzato, anche perché l’economia va peggio del previsto. Ma la principale sfida, per quanto riguarda la spesa pubblica, è riorientarla e riqualificarla, migliorando l’efficienza, efficacia ed economicità di produzione dei servizi pubblici e accrescendo gli investimenti. E’ questo il primo terreno su cui segnare una discontinuità rispetto al passato.
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