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Radiografia dei conti pubblici: troppa pressione fiscale e poche risorse per il capitale umano e gli investimenti.

10/08/2014
La pressione fiscale è arrivata a livelli altissimi e soffre la congiuntura non positiva dell’economia. Su questo fronte la questione è una riorganizzazione e tendenzialmente una riduzione del prelievo, non certo un suo ulteriore inasprimento. Per quanto concerne la spesa, il tipo di risanamento messo in atto dal 2008 in avanti ha compromesso parte delle potenzialità di sviluppo, tagliando le risorse per il capitale fisico (gli investimenti) e umano (le spese per scuola, università, ricerca). La necessità di una seria revisione della spesa sta innanzitutto qui: ridurre veramente (e non solo a parole) le inefficienze e riallocare le risorse verso i settori decisivi per tornare a crescere.

I parametri di finanza pubblica validi per i trattati europei riguardano il complesso delle amministrazioni pubbliche. L’analisi del rendiconto e dell’assestamento del bilancio dello Stato offre comunque informazioni utili per capire la tendenza di alcuni importanti aggregati.

Primo: le entrate. Le entrate finali nel 2013 sono leggermente cresciute (+1,5%). L’incremento è dovuto quasi interamente all’andamento delle entrate extratributarie (+15,6%). Le entrate tributarie sono rimaste sostanzialmente invariate (+0,2%), ma con un andamento differenziato: positivo per le imposte su patrimonio e reddito (+1,6%), stabile per le imposte su produzione, consumi e dogane, in discesa per quanto riguarda le imposte sui monopoli (-5,9%) e su lotto, lotterie e giochi (-13%).

Le entrate da accensione prestiti sono cresciute molto (+10,5%), ma quasi tre quarti di questo aumento derivano dal pagamento dei debiti pregressi delle PA.

Le entrate complessive sono quindi aumentate del 4,2%. Nel 2014 rispetto alle previsioni iniziali le entrate finali diminuiscono, essenzialmente per un calo delle entrate tributarie non compensato dall’aumento di quelle extratributarie.

Vanno peggio delle previsioni le imposte sul reddito delle società, l’IVA, le imposte sui monopoli e quelle su lotto, lotterie e giochi, mentre migliorano le imposte sui redditi.

Secondo: le spese. Nel 2013 le spese finali sono aumentate dell’8,8%. Crescono le spese correnti al netto degli interessi (+5,1%) e soprattutto di quelle in conto capitale (+55,9%), in gran parte grazie alle risorse stanziate per il Fondo per assicurare agli enti territoriali la liquidità per il pagamento dei debiti pregressi. L’aumento della spesa primaria corrente è dovuto ai trasferimenti alle amministrazioni pubbliche (+4,5%), essenzialmente quelli ad enti di previdenza (+12,6%), mentre calano quelli alle amministrazioni locali (-2,2%); ai consumi intermedi (+15,7%), anche se al netto delle somme relative ai debiti pregressi e degli aggi da corrispondere ai concessionari delle lotterie sono in lieve riduzione; alle poste correttive e compensative (+18,3%). Sono diminuite le spese per i redditi da lavoro dipendente (-0,5%) e sono rimasti stabili (+0,6%) quelle per interessi passivi.

Le spese per rimborso prestiti sono nettamente calate (-20,2%). Le spese complessive sono così rimaste sostanzialmente invariate (+0,5%).

Nel 2014, secondo i dati dell’assestamento, le spese finali sono più alte delle previsioni per effetto della crescita di quelle correnti al netto degli interessi e di quelle in conto capitale, non controbilanciato dalla minore spesa per interessi.

Terzo: le missioni di spesa. Tra il 2008 e il 2012 una politica di riequilibrio poco selettiva aveva portato ad un taglio drastico delle missioni di spesa più connesse alla crescita, con riduzioni particolarmente severe delle missioni ambiente e sviluppo sostenibile (-64,1%), diritto alla mobilità (-28,2%), ricerca e innovazione (-16%), istruzione scolastica (-9,8%).

Nel 2013 si è registrata una prima inversione di tendenza, che ha investito innanzitutto le missioni sviluppo e riequilibrio territoriale; diritto alla mobilità; competitività e sviluppo delle imprese; ricerca e innovazione. Fa riflettere però quanto evidenzia la Corte dei conti, un impegno finanziario insufficiente in alcuni settori strategici per lo sviluppo quali l’istruzione, l’ambiente, i beni culturali. 

Quarto: i saldi. Nel 2013 sia il saldo netto da finanziare (la differenza tra entrate finali e spese finali) che il saldo primario (la differenza tra entrate finali e spese finali al netto degli interessi) e il risparmio pubblico (la differenza tra entrate correnti e spese correnti) sono peggiorati rispetto all’anno precedente. Si è invece ridotto il ricorso al mercato.

La legge di bilancio 2014 prevedeva un peggioramento di tutti i saldi del bilancio dello Stato. L’andamento dell’economia peggiore del previsto si sta riflettendo, nei dati dell’assestamento, in un ulteriore indebolimento dei saldi, con l’unica eccezione del ricorso al mercato.

Quinto: alcune annotazioni finali. Dal 2008 al 2012 i principali saldi del bilancio dello Stato avevano registrato un netto miglioramento, sull’onda della forte crescita delle entrate correnti e della lieve diminuzione delle spese finali al netto degli interessi passivi. Questo riequilibrio dei conti è avvenuto al prezzo di un forte aumento della pressione tributaria e attraverso una drastica compressione delle spese in conto capitale e delle missioni di spesa più direttamente connesse alla crescita.

Nel 2013 e ancor di più nel 2014 questo trend si è invertito. Le entrate finali sono rimaste più o meno invariate. Quanto alle spese, nel 2013 ha pesato la partita una-tantum dei pagamenti dei debiti pregressi della pubblica amministrazione. Tra il 2013 e il 2014 è però ripresa anche la crescita della spesa primaria corrente (in primo luogo i trasferimenti agli enti di previdenza, a fronte della stabilità delle spese per i dipendenti pubblici e i trasferimenti alle amministrazioni locali) e degli interessi passivi.

Queste dinamiche aprono una serie di questioni per l’immediato futuro. La pressione fiscale è arrivata a livelli altissimi e soffre la congiuntura non positiva dell’economia. Su questo fronte la questione è una riorganizzazione e tendenzialmente una riduzione del prelievo, non certo un suo ulteriore inasprimento. Per quanto concerne la spesa, il tipo di risanamento messo in atto dal 2008 in avanti ha compromesso parte delle potenzialità di sviluppo, tagliando le risorse per il capitale fisico (gli investimenti) e umano (le spese per scuola, università, ricerca). La necessità di una seria revisione della spesa sta innanzitutto qui: ridurre veramente (e non solo a parole) le inefficienze e riallocare le risorse verso i settori decisivi per tornare a crescere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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