Pubblicato su InPiù.
I risultati della recente direzione Pd e le posizioni successivamente assunte meritano qualche considerazione. Gli oppositori di Renzi hanno ottenuto le sue dimissioni senza dilazioni e un coinvolgimento nella gestione del partito, ma non le dimissioni dell'intero gruppo dirigente. Renzi, viceversa, mantiene una sostanziale presa sul partito e detta la linea: Pd all'opposizione, e "mai con il M5s". Un solo intervento in direzione ha cercato di analizzare le ragioni politiche della disfatta. Tutti gli altri si sono accontentati di una soluzione organizzativa, rinviando (forse per sempre) il dibattito politico che poteva assumere caratteristiche dirompenti. Tuttavia è da qui che bisogna partire.
La sconfitta non è figlia del caso, ma l'esito inevitabile di una linea politica iniziata molti anni fa, ma portata da Renzi alle sue conseguenze estreme, e che ha progressivamente estraniato e allontanato gli elettori tradizionali. Si sono abbandonati i "poveri" a sè stessi e alla demagogia dei leghisti e del M5s, mentre si sono rappresentate adeguatamente le aspettative e gli interessi dei "ricchi". Si vince nei centri storici e si perde nelle periferie (urbane e no). E' il percorso seguito in questi anni da tutti i partiti socialdemocratici europei con esiti disastrosi. L'inizio di una discussione dovrebbe apparire necessario, inevitabile e non rinviabile. Ma non sembra che, a parte la contestazione (anche questa non esplicita) di Renzi e del renzismo, il gruppo dirigente Pd mostri consapevolezza della situazione.
Al contrario, molti di loro hanno continuato in questi giorni a sostenere che l'azione di governo negli ultimi anni sia stata eccellente, e che i risultati raggiunti sono stati eccezionali. Ma allora - di grazia - perché il Pd ha perso le elezioni? La colpa è degli elettori che non hanno capito? O hanno capito solo i più istruiti e benestanti? O, come una volta ebbe a dire Saragat, la colpa è del "destino cinico e baro"? La verità è che l'intero gruppo dirigente è ancora ancorato (anche se lo nega) alla linea blairiana della "terza via", cioè all'approdo liberale del socialismo, che è proprio quello che contestano gli elettori di sinistra e di destra. Finché non si prenderà atto di questa spiacevole realtà non si faranno progressi. Ma se la discussione avesse inizio seriamente, la contrapposizione tra le due anime potrebbe facilmente diventare radicale e probabilmente non componibile. Comunque l'alternativa è la progressiva paralisi e irrilevanza.
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