Pubblicato su Inpiù.
La discussione sulle misure fiscali della manovra gialloverde si è concentrata sul condono trascurando altri aspetti ben più importanti e significativi come la robusta detassazione delle cosiddette partite Iva fino a 65.000 con la previsione di un regime forfettario e un’aliquota del 15%, e tra i 65.000 e i 100.000 euro per i quali è previsto il regime ordinario, ma un’imposta sostitutiva con aliquota del 20%. In ambedue i casi a questi contribuenti non si applicano l’Irpef, e l’Irap né le relative addizionali regionali e locali, e si può optare per un regime di esclusione dall’Iva. Inoltre per i forfettari è prevista una riduzione dei contributi sociali del 35%. Sostanzialmente, questi contribuenti vengono esentati dall’applicazione delle norme tributarie ordinarie e viene loro assicurato, nel disinteresse generale, un trattamento di favore assolutamente indebito. Infatti un regime forfettario per i contribuenti minimi può essere accettabile (ed era stato introdotto da chi scrive nel 2007-08), ma si giustifica per ragioni di semplificazione gestionale e amministrativa, solo per contribuenti veramente marginali. Il Governo Renzi già aveva inopportunamente elevato il limite per il forfait a 30.000 euro, ora questo viene ulteriormente elevato e unificato a 65.000 con effetti anche paradossali come quello di considerare equivalenti il fatturato di un operatore di software e quello di un commerciante di gioielli.
Ma l’aspetto più preoccupante è il fatto che i due nuovi regimi riguardano potenzialmente la quasi totalità dei contribuenti Iva (secondo l’UPB l’80%) e quindi si crea un trattamento di estremo favore per i possessori di partita Iva rispetto ai lavoratori dipendenti e pensionati che, a parità di reddito si troveranno a pagare svariate migliaia di euro in più di imposte (sempre l’UPB calcola una differenza di 5-9.000 euro). Si tratta quindi di un intervento chiaramente discriminatorio e incostituzionale (a meno che esso non sia solo l’anticipo di una, del tutto improbabile, generalizzazione della flat tax), e che introduce un formidabile incentivo per i lavoratori dipendenti (soprattutto precari) a trasformarsi in lavoratori autonomi. Va anche osservato che i benefici saranno molto più consistenti per i professionisti che per artigiani e commercianti in virtù delle diverse caratteristiche di attività. Del resto non va dimenticato che una elevata percentuale dei quadri politici della Lega sono professionisti (contabili, commercialisti e simili). Va ancora rilevato che l’esclusione della applicabilità dell’Iva di quote così rilevanti di contribuenti rischia di vanificare l’efficacia delle misure antievasione recentemente introdotte (fattura elettronica, trasmissione telematica dei corrispettivi…), che possono funzionare, anzi essere decisive, solo se estese all’intero universo dei contribuenti. Come se tutto ciò non bastasse, il M5S prospetta ora l’introduzione di un’imposta sulle bevande con zuccheri (cosa condivisibile), per usarne però i proventi per eliminare l’Irap per i contribuenti fino a 100.000 euro di imponibile, cosa del tutto inaccettabile anche perché in teoria l’Irap è collegata con il finanziamento della sanità. In sostanza, il Governo sembra immaginare che ai fini dello sviluppo vadano tutelate e incentivate le piccole attività autonome individuali a scapito del lavoro dipendente strutturato e delle grandi imprese. Non certo un buon viatico.
Leave a comment