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La flat tax di Di Maio? Non esiste

12/04/2019
Le tasse piatte hanno sempre penalizzato il ceto medio.

Pubblicato su InPiù.

Secondo il vicepremier Di Maio, la flat tax va introdotta, sia pure gradualmente, ma essa deve andare a beneficio delle classi medie e non dei ricchi. Sorge il dubbio che Di Maio, così come gran parte dei commentatori, non sappia bene di cosa stia parlando. Fino agli inizi degli anni '80 del secolo scorso le imposte sul reddito di tutti i Paesi occidentali erano costruite con una scala di aliquote numerose e piuttosto ripide. In Italia avevamo 32 scaglioni, un'aliquota di base (minima) del 10% ed un'aliquota massima del 72%. Si passò poi ad una riduzione del numero degli scaglioni, un'aliquota base del 18% e un'aliquota massima del 65%. L'imposta quindi si "appiattiva". Il processo è poi continuato accentuandosi. Sempre negli anni '80, alcuni economisti repubblicani cominciarono a parlare in America di aliquota unica, o, con più moderazione (apparente) di due o tre aliquote. Ma la sostanza non cambia.
 
Dal momento che l'aliquota base si applica ai fini del calcolo del debito di imposta a tutti i contribuenti, un suo aumento, unito ad una riduzione delle aliquote più elevate, ha l'effetto, aritmeticamente inevitabile, di trasferire il carico fiscale sulle classi medie. In tale modello, inoltre, poichè i più poveri sono tutelati da un sistema di detrazioni o deduzioni, essi continuano a pagare più o meno quanto pagavano prima, mentre i più ricchi ottengono tutti i vantaggi, a carico, a parità di gettito, proprio delle classi medie, che pure del tutto inconsapevoli spesso appoggiano questo tipo di misure. La flat tax è quindi per definizione un'imposta che penalizza i redditi medi.
 
E si tratta di una soluzione particolarmente appetibile per tutti i Governi populisti, proprio perché la loro costituency politica si basa su un'alleanza tra ricchi e poveri, mentre le classi medie vengono disarticolate e compresse. Nel nostro caso, inoltre, dati i vincoli di gettito, si propone di compensare la riduzione delle aliquote con un taglio a deduzioni e detrazioni. Ma poiché ciò significa intervenire su detrazioni per carichi di famiglia, deduzioni di contributi, spese mediche, interessi passivi, assicurazioni sulla vita, ecc. non pochi contribuenti finirebbero per pagare di più dopo la riforma, e quindi è certo che sarebbero introdotte clausole di salvaguardia che consentirebbero di applicare la legislazione precedente se più conveniente. Insomma, un pasticcio che confermerebbe l'uso discrezionale e arbitrario del sistema fiscale caratteristico degli ultimi Governi, ma soprattutto dell'ultimo e che sarebbe deleterio per l'efficienza economica e l'equità.

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