Alla fine rischia di passare alla storia come la causa legale degli algoritmi. La Commissione europea ha aperto due fronti legali con Google. E’ stata spedita una lettera di accuse formali sull’abuso di posizione dominante nel mercato della ricerca online. E’ stata inoltra avviata un’indagine sulla violazione delle regole antitrust Ue da parte del sistema operativo di Google per smartphones, Android. Secondo alcune valutazioni informali e non verificate (riportate dal Wall Street Journal) la multa potrebbe essere di 6 miliardi. Google ha reagito freddamente e ha già scritto di essere “fortemente in disaccordo” con gli addebiti della Commissione Europea. La tranquillità di Google nasce da una vittoria legale in un contenzioso molto simile. Nel gennaio del 2013 la Federal Trade Commission americana decise infatti di archiviare (con voto unanime) la propria indagine sulla posizione dominante del motore di ricerca. Google dichiarò allora che “il personale e tutti i cinque commissari della Ftc hanno convenuto che non vi era alcuna necessità di intervenire sul modo in cui classifichiamo e presentiamo i risultati delle nostre ricerche. La speculazione sul potenziale danno per i consumatori si è rivelata del tutto sbagliata”. Per una strana coincidenza però, alcune settimane fa, in tempo per l’iniziativa della Commissione europea, lo studio effettuato dalla Ftc è stato inavvertitamente consegnato (con altri documenti) al “Wall Street Journal”. Questi documenti dimostrerebbero che Google “strategicamente riporta più in basso o rifiuta di visualizzare i link a certi siti web in settori altamente competitivi” e che ha “infranto la legge antitrust impedendo ai siti web che pubblicano i suoi risultati di ricerca di lavorare anche con rivali come Microsoft Bing e Yahoo Inc”. Lo staff della Ftc aveva concluso che “il comportamento di Google ha portato - e porterà - un danno reale per i consumatori e per l’innovazione”.
“Ma come è possibile che da uno studio così si arrivi ad una decisione unanime di abbandonare la causa contro Google?”, si è chiesto Luigi Gonzales su L’Espresso. “Un motivo è che gli stessi ricercatori temevano di non riuscire a vincere la causa contro i potenti avvocati di Google. Il secondo motivo è che Google è molto popolare. La maggior parte di noi (me compreso) usa il suo meccanismo di ricerca gratuitamente molte volte al giorno. Per di più, lo facciamo liberamente, perché alternative come Bing o Yahoo sono letteralmente a portata di click. Perché mai l’autorità antitrust dovrebbe far causa e potenzialmente punire Google?”, ha argomentato Zingales.
Adesso è il turno dell’Antitrust europeo. “Non vediamo l’ora di presentare la nostra posizione , ha scritto Google. Secondo Günther H. Oettinger, Commissario europeo all’Agenda digitale, “Le indagini dell’Antitrust su Google sono un passo molto importante! Sarà interessante vedere la risposta di Google. La trasparenza conta!”.
Nel mercato dei motori di ricerca, si tratta della conclusione di un’indagine Ue che va avanti da anni, e che con l’ex commissario alla concorrenza, Joaquin Almunia, sembrava prossima alla conclusione l’anno scorso in favore di Google. Il cambio dell’Esecutivo Ue da novembre ha avuto un impatto cruciale sull’indagine. Ora il nuovo commissario alla concorrenza, Margrethe Vetsager, accusa Google di abuso di posizione dominante in quanto “Google sistematicamente mostra in posizioni più visibili nei risultati di ricerca i suoi servizi di comparazione di prodotti, indipendentemente dal merito”, si legge in una nota della Commissione. In sostanza, le ricerche di Google, che è di gran lunga il più usato motore di ricerca nell’Ue, favorirebbero i suoi servizi e non garantirebbero risultati neutri. Si tratta di un nodo cruciale che è nascosto negli algoritmi segreti di Google. Ci aveva già provato il Parlamento Europeo a novembre con una risoluzione non vincolante con la quale si chiedeva la separazione dei servizi di ricerca online dagli altri servizi commerciali, una vera e propria dichiarazione di guerra contro Google. Anche il governo tedesco aveva chiesto formalmente di poter esaminare gli algoritmi del motore di ricerca ma da Mountain View avevano risposto picche.
Il leader mondiale dei motori di ricerca (in Europa ha una quota di mercato del 90%) adesso deve affrontare la nuova iniziativa della Commissione. Le sanzioni Ue possono arrivare fino al 10% del fatturato, un limite alzato solo pochi anni fa dal 5%. Le maxi-sanzioni da parte dell'Antitrust europeo sono state avviate nel 2004 quando commissario era Mario Monti e inflisse una multa da 497 milioni di dollari a Microsoft. La singola sanzione più pesante è ancora quella inflitta a Intel nell'estate dell'anno scorso pari a 1,06 miliardi di euro per aver abusato della sua posizione dominante tra il 2002 e il 2007. Una cifra pari a circa il 2% del fatturato del colosso informatico. Sempre l'anno scorso Bruxelles ha multato per un totale di 300 milioni di euro un gruppo di aziende (europee, coreane e giapponesi) accusate di aver costituito un cartello nel settore dei cavi elettrici. Nel 2013 la sanzione più rilevante riguardò un gruppo di otto colossi bancari (tra cui Jp Morgan, Deutsche Bank, Societe generale) per aver fatto un cartello e manipolato i mercati Libor e Euribor. In totale 1,7 miliardi di euro. Quasi 1,5 miliardi di euro la multa comminata dall'Antitrust europeo a un gruppo di produttori tv. A Philips e Lg sanzione di 391 milioni di euro ciascuna, meno salate le multe a Toshiba Panasonic con 185 milioni di euro. Oltre 500 milioni di euro di multa nel 2007 a un gruppo di aziende europee produttrici di gomme sintetiche tra le quali Bayer e Shell. Adesso è il turno di Google. Si arriverà ai sei miliardi immaginati dal “Wall Street Journal” o finirà anche questa volta in una bolla di sapone?
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