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Economia | I dazi di Trump e le politiche tedesche

08/05/2018
Il surplus della Germania e il Qe della Bce alla base del conflitto

Pubblicato su InPiù.

La minaccia di Trump di imporre dazi su alcuni prodotti europei, a cominciare dalle auto, ha destato scandalo e risentite polemiche. Ma in realtà il Presidente Usa, al di là della sua rozzezza, del suo unilateralismo arrogante, pone un problema non banale che ha a che vedere, ancora una volta, con la Germania e le sue politiche mercantiliste, nonché col QE della BCE. Il surplus commerciale tedesco rappresenta infatti l’effetto e il risultato di un assurdo contenimento della domanda interna tedesca (soprattutto) e degli altri Paesi europei in surplus, surplus rafforzato dal fatto che per la Germania l’euro funziona come un marco svalutato che gonfia le esportazioni, tanto più che gli acquisti di bond da parte della BCE contribuiscono a deprezzare l’euro. Esse inoltre avvengono proporzionalmente tra i diversi Paesi, mentre in una unica area valutaria si sarebbero dovuti indirizzare prevalentemente nei confronti dei titoli dei Paesi con spread più elevati, in modo da livellare i tassi di interesse nella zona euro: un ‘area valutaria, una moneta, un tasso di interesse. Inoltre per risolvere il problema, la Germania e gli altri Paesi in surplus dovrebbero rilanciare le loro economie, aumentare la spesa pubblica e ridurre le tasse, e dovrebbero lasciar crescere i loro prezzi interni più di quelli degli altri Paesi della zona euro in modo da riequilibrare le ragioni di scambio implicite con gli altri Paesi, europei e no. Se si seguissero queste politiche, del tutto razionali e corrette, non vi sarebbe alcun motivo per polemiche e contrapposizioni e per prospettare dazi.
 
In verità, Trump avrebbe solidi motivi per chiedere ed ottenere un mutamento delle politiche economiche europee (e non solo cinesi), con benefici per tutti, piuttosto che minacciare il ricorso alle tariffe e alle guerre commerciali. Si tratterebbe di una riedizione dell’accordo del Plaza del 1985. Sfortunatamente, data l’impossibilità di ragionare correttamente di economia con la Germania, e dato che la forza degli Usa è oggi minore, il rischio che i dazi vengano effettivamente introdotti è reale, ed è probabile che l’Italia, insieme ad altri, ne paghi indebitamente il prezzo. Invece di limitarsi a contestare Trump, sarebbe quindi più utile che il nostro Paese ponesse questi problemi all’attenzione dei partner europei: i nostri interessi, come quelli di altri Paesi, non coincidono infatti con quelli tedeschi, e se la guerra commerciale dovesse veramente proseguire, questa volta l’Europa correrebbe rischi rilevanti.

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