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Turismo, l'Italia scivola indietro. Ma può ripartire alla grande se si supera la frammentazione e la guida torna in mano allo Stato.

25/07/2014
Il surplus per le entrate del turismo internazionale tra stranieri che vengono in Italia e italiani che vanno all'estero si è dimezzato, perché gli stranieri spendono meno e restano di meno. E il Mezzogiorno resta indietro più del Nord e del Centro. Lo rileva uno studio della Banca d'Italia che tra le ricette per la ripresa indica il coordinamento nazionale e il superamento della frammentazione.

Cresce il turismo in Grecia, dando un contributo notevole alla ripresa di un Paese che era allo stremo. Cresce il turismo in Spagna, sostenendo così una stagione più felice per l’economia nazionale. L’Italia segna invece il passo. E non è un caso isolato, un singolo momento di debolezza. Ma la tendenza di più lungo periodo di un Paese straordinario per patrimonio naturale, artistico, culturale e che pure fatica a tenere il ritmo, non riesce a sfruttare le potenzialità del Mezzogiorno e continua a scendere nella classifica delle mete preferite del turismo internazionale.

Il film di questo lento ma continuo scivolamento, che in quadra i dati del 2014 in una tendenza più lunga, lo ha realizzato la Banca d’Italia in uno studio appena uscito in inglese e che riprende diverse ricerche che la banca centrale ha svolto sul turismo internazionale negli ultimi anni, in particolare con un focus sul periodo che va dal 1997 al 2012.

Il turismo, sostiene la Banca d’Italia in questo occasional paper in inglese, garantisce da sempre un attivo nella bilancia dei pagamenti, ma negli ultimi 15 anni non ha contribuito come potrebbe alla crescita del Pil, perché si è ridotta la spesa in Italia degli ospiti stranieri. Più in particolare, dal 1997 al 2012 si è dimezzato il surplus estero per il turismo, sceso dall’1,1 per cento del Pil allo 0,6, soprattutto a causa del calo in termini reali della spesa degli stranieri in Italia, mentre la spesa degli italiani all'estero è rimasta sostanzialmente invariata in rapporto al prodotto.

Di conseguenza è calata anche la quota italiana degli introiti mondiali collegati al turismo. Dal 6,8 per cento del monte totale del 1997 si è scesi al 3,7.

Il confronto con gli altri paesi concorrenti può dare l’idea di questo lento scivolamento. Durante i primi anni della crisi economica, cominciata nel 2008, gli introiti da viaggi dell'Italia sono diminuiti a un ritmo inferiore rispetto a quelli dei due principali concorrenti europei, la Francia e la Spagna. Poi, però, la musica è cambiata. Già nel biennio 2011-12 la ripresa del turismo è stata più veloce per i nostri concorrenti.

I tedeschi che da sempre sono al primo posto tra i turisti stranieri in Italia, dal 1997 al 2012 sono rimasti in testa ma con un progressivo calo nelle presenze (dai 15,8 milioni del '97 agli 11,7 milioni del 2012), nella spesa (dai 6.5 miliardi di euro a 5.3), nella lunghezza del soggiorno (da poco più di 8 a circa 6 giorni). A soffrirne di più è il Nord-Est minacciato dalle vicine spiagge della Croazia.

In numeri assoluti, nel periodo considerato, sono invece cresciuti i turisti britannici (da 1,8 a 3,66 milioni) e gli americani (da 1,8 a 3,07 milioni), gli spagnoli (da 0.9 a 2,6 mln), i russi (da 0,2 a 1,05 mln) e soprattutto i cittadini extraeuropei, in particolare asiatici (da 9,4 a 17,6 milioni).

Quanto ai territori, lo studio per macroregioni mostra che nel periodo considerato il Nord-Est, dopo aver sofferto come le altre aree per la crisi del 2008-2009, dal 2010 ha ripreso ad attrarre il turismo internazionale, raggiungendo nel 2012 quota 111 (fatta 100 la media nazionale), mentre Nord-Ovest e Centro sono attorno a quota 100 e invece il Sud e le isole sono fermi al 95.

Ma che fare per riconquistare le posizioni perdute? Secondo lo studio della Banca d’Italia, l'Italia deve adottare campagne promozionali all’estero più efficaci per intercettare una maggior percentuale dei flussi turistici internazionali, dedicandosi specialmente a mercati 'distanti' sia geograficamente, sia culturalmente, come l'India o la Cina, ma di grandi potenzialità. E infine è necessaria un’azione coordinata a livello nazionale, superando la frammentazione regionale. Un’indicazione che nella riforma del titolo V della Costituzione dovrà assolutamente essere presa in considerazione se si vuole che il turismo torni ad essere, anche più di quanto lo fosse prima, un asse decisivo per riprendere il cammino dello sviluppo.

 

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