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L’Europa in crisi tra dazi e populismi

20/06/2018

 

Non è un mistero che per molti operatori economici ma anche per numerosi attori politici il futuro dell’Europa sia avvolto in una nube imperscrutabile. E martedì 19 giugno, e non sarà certo l’ultima volta, si è assistito a due esempi di questo stato di incertezza in cui è piombato il vecchio continente. Da una parte il Presidente della Bce, Mario Draghi, dopo l’annuncio dei giorni scorsi sulla fine del Qe, è tornato a parlare con tono rassicurante del futuro di Eurolandia. Forse una reazione all’incertezza dei mercati, visto l’affanno segnalato dalle Borse europee in scia alle Piazze asiatiche sui timori dettati dalla guerra commerciale in atto tra Usa e Cina con lo spettro di altri dazi per 200 miliardi di dollari ventilati da Donald Trump.

L’occasione è stata quella del forum delle banche centrali a Sintra, in Portogallo. “Per accompagnare la ripresa dell'inflazione in uno scenario economico caratterizzato da incertezze, occorre che la politica monetaria nell'Eurozona rimanga paziente, persistente e prudente" ha detto Mario Draghi. "La nostra recente decisione unanime – ha sottolineato Draghi - assicura che il necessario sostegno da parte della politica monetaria resti al suo posto". Draghi ha quindi spiegato che "questo sostegno ha vari elementi, inclusi gli acquisti netti di titoli fino a fine anno, lo stock ragguardevole di titoli acquistati e i reinvestimenti ad essi relativi, e la nostra forward guidance sui tassi d'interesse”. Il Presidente della Bce ha poi assicurato che “la banca centrale rimarrà paziente nel determinare la tempistica del primo rialzo dei tassi”, e che adotterà un approccio graduale nel regolare la politica monetaria".

Sempre nella mattinata di martedì 19 è uscito un rapporto dell’Ocse sul futuro dell’Eurozona. Nel rapporto è scritto che la crescita economica della zona euro resta "solida", e che tuttavia il successo di partiti populisti, insieme a una riforma incompiuta dell'architettura di Eurolandia, potrebbe metterla a serio rischio. Secondo l'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, "l'economia della zona euro sta vivendo una crescita solida", ed è in fase di espansione "dal 2014 grazie a una politica monetaria molto accomodante, a politiche moderatamente espansive e al recupero dell'economia mondiale. La crescita del PIL dovrebbe rallentare leggermente, ma resta forte nei termini osservati negli ultimi anni". L’organizzazione di Parigi apprezza quindi quanto fatto dal nuovo corso impresso da Mario Draghi alla Bce, ponendo però le mani avanti sui rischi che i nuovi equilibri politici rischiano di innescare in Europa. Infatti, secondo l'Ocse, "un evento politico negativo, come l'ascesa di partiti populisti in alcuni paesi della zona dell'euro, insieme con l'architettura incompiuta dell'area dell'euro, potrebbe portare a un forte aumento del rischio e alla perdita dell'accesso al mercato per alcuni emittenti sovrani nell'area dell'euro". Per l’Ocse, dunque "una vasta e ambiziosa riforma della zona euro per affrontare le fragilità dell'area dell'euro, con le riforme strutturali che sono necessarie a livello nazionale, potrebbe aumentare significativamente la fiducia degli investitori e stimolare la crescita". "Il miglioramento della situazione economica si traduce anche in una maggiore aderenza dei cittadini alla moneta unica - ribadisce l'Ocse - tuttavia, altre riforme dell'architettura dell'Unione, sono necessarie "per garantire resilienza alle crisi e per garantire redditività a lungo termine: in particolare, serve progredire rapidamente verso l'unione bancaria, in termini di riduzione e condivisione del rischio e condivisione". Insomma con i nuovi partiti populisti al governo in molti importanti paesi occidentali, come ad esempio l’Italia, non sono pochi a temere un naufragio del progetto unitario. Soprattutto se gli Stati Uniti scelgono la via dei dazi e di nuove guerre commerciali.

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